venerdì 11 ottobre 2013

la sinistra e l'euro (8) «USCIRE? PER ANDARE DOVE?» di Rodolfo Monacelli*

11 ottobre. La crisi dell’eurozona è ormai sotto gli occhi di (quasi) tutti: povertà, disoccupazione, dismissioni degli asset fondamentali del nostro sistema industriale, questi sono i risultati del sogno europeista. Nonostante il main-stream ancora non se ne sia accorto e le voci critiche nei confronti del sistema dominante europeista siano ancora sostanzialmente ignorate, qualcosa sta cambiando. Basta parlare con la gente, quella vera, la stessa che fino al giorno prima sarebbe rimasta almeno perplessa nei confronti di un’uscita dall’euro, che ti dice: «Non si può andare avanti così, qualcosa bisogna fare».
Del resto, non si illudano gli euristi d’antan: l’euro è già finito. In particolare per un Paese come l’Italia. O qualcuno può seriamente credere che il nostro Paese potrà pagare i 50 miliardi previsti per il Fiscal Compact? Certo l’alternativa potrebbe essere quella di vendere il Colosseo (ma poi chi glielo dice a Della Valle?).
In questo dibattito, sotterraneo e nascosto ma reale, c’è una grande assente: la sinistra italiana.
Chi scrive certo non se ne sorprende. La sinistra italiana, non da oggi, è ormai in disfacimento teorico e concettuale e, come bene ha scritto Marino Badiale sul blog main-stream, ormai “la sinistra non capisce nulla”. 
Non è questo il luogo per discutere del perché la sinistra non capisca più nulla, anche se consigliamo un libro uscito qualche anno fa sempre di Marino Badiale insieme con il compianto Massimo Bontempelli: “La sinistra rivelata. Il buon elettore di sinistra nell’epoca del capitalismo assoluto” (Massari editore). L’argomento di cui vogliamo, però, parlare in questo articolo è un altro: se è vero che la sinistra non capisce nulla, ciò vuol dire che la destra capisca tutto o, meglio, ciò giustifica anche da parte nostra l’accettazione di un’uscita dall’euro da destra?
Innanzitutto fondamentale è intenderci sui termini. Cosa si intende con “uscita da destra” e “uscita da sinistra”? 
Molti definiscono sbagliata tale divisione, perché frammenterebbe il “fronte sovranista”. Non siamo d’accordo. Riteniamo, anzi, che un’unità fondata su una mancanza di unità teorica e pratica sarebbe assolutamente controproducente e che porterebbe soltanto alla confusione.
Alcuni affermano, infatti, che i mezzi tecnici (indicizzazione dei salari, controllo dei capitali) sarebbero fatti sia “da destra” che “da sinistra” e, dunque, proporre questa divisione non avrebbe senso. 
Al di là del fatto che tutto ciò non è vero, basta vedere qui le proposte di Paolo Savona per uscire dall’euro ad esempio, la discussione e la divisione, che esiste e che sarebbe stupido negare, è incentrata su due punti principali:

L’euro è la sola ed esclusiva causa della crisi economica?
Uscendo dall’euro si potrà ritornare alla “razionalità economica”, cioè al libero mercato, portando felicità e salute a tutti?

Per quanto riguarda il primo punto Bottega Partigiana ritiene che l’euro, e l’Unione Europea, sia una delle forme in cui si è espresso il “Capitalismo assoluto” e, in particolare, la sua forma post-moderna: il neoliberismo e la finanziarizzazione dell’economia. In altre parole, l’istituzione dell’euro in Europa non è altro che la conseguenza naturale della liberalizzazione dei mercati, della globalizzazione, del liberoscambismo. Per questo, come bene ha affermato recentemente Emiliano Brancaccio
«In Italia rischiamo di passare dalla illusione del vincolo esterno a una illusione esattamente speculare: quella secondo cui il ritorno ai cambi flessibili costituirà la panacea di tutti i nostri mali […] si tratta di un liberismo speculare, che alla ideologia del vincolo esterno potrebbe sostituire l’ideologia del cambio flessibile».
Uscire dall’euro e dall’Unione Europea, quindi, è certamente condizione necessaria per recuperare la nostra sovranità economica e politica, ma assolutamente non sufficiente per il superamento di un sistema. Un sistema che si fonda sul primato dell’economia sulla politica e che ha come unica religione il profitto.

Leggiamo un attimo cosa scrive Diego Fusaro a questo proposito:
«Il “capitalismo reale”, nominalmente costituito all’insegna della libertà dell’individuo, continua a generare forme di assoggettamento individuale e collettivo. Per un verso, la “libertà formale” di cui si gloria il sistema globalizzato convive con la “schiavitù salariata” di individui che, in una condizione di privazione totale e di oscena riduzione dell’umano a merce, sono costretti ad alienare la propria “forza lavoro” e a vendersi quotidianamente. La libertà formale di cui godono i lavoratori salariati e i “precari” nasconde un asservimento economico dissimulato dalla fictio juris del contratto di lavoro: essi accettano “liberamente” ciò che la loro condizione sociale ed economica li costringe ad accettare. Contro la retorica oggi dilagante, con la caduta del Muro e con il seppellimento sotto le sue macerie del marxiano “sogno di una cosa” non hanno trionfato le democrazie, ma l’economia di mercato fondata sull’alienazione universale, sulla globalizzazione degli egoismi, sull’estorsione schiavistica del pluslavoro dei lavoratori precari e sullo sfruttamento della manodopera degli immigrati di tutto il mondo». 
(Diego Fusaro, “Minima Mercatalia”, Bompiani, pg. 32)

Non vorremmo essere fraintesi.  Non riteniamo, come alcuni “cialtroni” dell’estrema sinistra, che “bisogna lottare contro il Capitalismo, non contro l’euro”, identificando il Capitalismo quasi come un’entità metafisica e l’euro come qualcosa di neutro e non, invece, come è in realtà, l’espressione, non simbolica ma reale, del sistema capitalistico e delle classi dominanti in Europa. Riteniamo semplicemente che uscire dall’Euro e da questa Europa non basti, ma che sia il primo passo di una “lunga marcia”. 

Una lunga marcia di cui, per ora, non se ne vedono però i segni. Per questo nasce Bottega Partigiana. Per mettere insieme tutti coloro che ancora non vogliono rassegnarsi al fatto che “le persone sbagliate faranno la cosa giusta” e che saranno sempre gli stessi a pagarne le conseguenze. Che non si rassegnano a salvare, ancora una volta, le classi dominanti e l’attuale modello di sviluppo. Che non si rassegnano all’idea di non voler sognare un mondo nuovo. Il nostro è, dunque, un appello a tutti coloro che condividono le nostre idee e che non si ritengano “indifferenti”. Per questo non possiamo non concludere questo articolo di presentazione con le parole di Antonio Gramsci:

«Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti». 
(Antonio Gramsci, “Odio gli indifferenti”)

32 commenti:

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Rodolfo Monacelli scrive: "Innanzitutto fondamentale è intenderci sui termini. Cosa si intende con 'uscita da destra' e 'uscita da sinistra'?”

IL MIO PUNTO DI VISTA

Credo che sia opportuno farsi anche un'altra domanda: è sufficientemente chiara l'espressione "uscita da destra/uscita da sinistra" usata per designare il concetto? E soprattutto, è funzionale alla formazione di un movimento sovranista che si muova nella logica di un nuovo CLN?

Io penso di no, per cui propongo di designare la dicotomia usando altre espressioni. Ad esempio "uscita nell'interesse del lavoro/uscita nell'interesse del capitale", oppure "uscita dalla parte del lavoro/uscita dalla parte del capitale".

Sicuramente si possono trovare espressioni ancora più chiare, magari più facili da pronunciare (nella scelta di uno slogan conta anche la cadenza), ma per favore non usiamo la vecchia formula "destra/sinistra". Si badi bene: ho detto "vecchia formula", NON "vecchio concetto".

Ci sono momenti in cui è necessario modificare o aggiornare il linguaggio. Paradossalmente, per indicare la natura della contrapposizione odierna rispetto all'UE, oggi l'espressione "guelfi/ghibellini" sarebbe più chiara che non "destra/sinistra". Pensateci bene: i guelfi appoggiavano il papato, alleato naturale dei liberi comuni contro le pretese di egemonia degli alemanni, i ghibellini erano dalla parte di questi ultimi...

Io sono guelfo, Paolo Savona ghibellino. Non è più chiaro che dire "io sono di sinistra, Paolo Savona è di destra"?

Anonimo ha detto...

La"sinistra", come etichetta portata da coloro che non si rassegnano allo sfruttamento cinico e spietato dell'uomo sull'uomo, esiste ancora e continuerà sempre finché esisteranno sfruttati e sfruttatori (cioè umani "da cortile" e cannibali da "palazzo"). Ma la sinistra come categoria "politica" anche internazionale avente connotazioni storiche ben determinate come manifestatasi nel XIX e nel XX secolo, non so se e come possa rivendicare posizioni di continuità con gli eventi di cui fu protagonista la "sinistra" appunto del XIX e del XX secolo. C'è uno jato che si può considerare drammatico ed inquietante fra la sinistra pre 1988 e quella post 1988. Nessuno si azzarda a parlarne molto, ma o prima o dopo se ne parlerà o si continuerà a vivere e ad operare in maniera anacronistica. In ogni caso, riandando con la memoria alle jaqueries del Medioevo, tutte soffocate nel sangue per altro, è da ammettere - con buona pace di chi si definisce partigiano - che , almeno per adesso e per chissà quanto tempo ancora prima che qualche Nazione potente se ne faccia paladino, la sinistra esisterà come "etichetta" incollata a coloro che appartengono più o meno volontariamente e/o consapevolmente , alla "classe" degli sfruttati.

Anonimo ha detto...

nella produzione, privata o pubblica che sia, non si deve pensare solo al profitto, ma si deve pensare ANCHE al profitto (o almeno al pareggio). altrimenti succedono cosette fastidiose, tipo alitalia o mps, che in un modo o nell'altro puntano dritte al deretano di tutti.
antonio.

Anonimo ha detto...

eco,
concordo con molte cose che dici (ho visto alcuni tuoi video).
curiosità: per caso sei per il non pagamento del debito pubblico?
antonio.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

@Antonio

Non sono né per il pagamento, né per il non pagamento. Semplicemente verrà ristrutturato. Il problema sono le regole della suddetta ristrutturazione.

Intanto ti informo che il governo dall'inizio del 2013 non garantisce più il 100% del valore delle nuove emissioni, ma solo il 55%. Questo 55% però si riferisce alla quantità complessiva, mentre la scelta di quali titoli (sempre emessi o rinnovati dopo il 1 gennaio 2013) garantire al 100%, e quali al 2%, resta un fatto che sarà deciso dai rapporti di forza tra i diversi interessi in gioco.

Hai fatto caso con quanta (inutile e ingenua) buona volontà io cerchi di convincere tutti gli attori dell'attualmente sparuta opposizione a organizzarsi in un fronte ampio (o CLN 2.0 che dir si voglia)? Ma stai tranquillo... non ci sto riuscendo.

chiaraped ha detto...

Intanto uscire. Perché questa è condizione necessaria, anche se non sufficiente, ma necessaria, e poi ristabilire la dialettica, destra sinistra o capitale e lavoro o magari inventarne una nuova. Chi ci vieta di sognare, ad es., io lo faccio da tempo, un modello di società con un ridotto tempo lavoro, PIU' TEMPO per famiglia e affetti, lavoro creativo e non alienante (l'orto, il giardino, il fai da te, la cucina, il cucito...), per dedicarsi all'otium degli antichi o per crescere i propri figli e curare i propri ammalati. Voglio dire, se ne usciamo, c'è l'occasione per rimettere in discussione molto più che i fallimenti del cambio fisso e del libero mercato, del pd ipocrita e delinquente e di Berlusconi connivente e delinquente, e non è detto che dobbiamo restaurare le vecchie categorie e dinamiche di classe, forse ne verranno di nuove. I commercianti, ad esempio, hanno scoperto di non essere né lavoro né capitale, i pensionati con casa di proprietà da 750 €di rend. catast.che Fassina ritiene ricchi da IMU che sono?
Per questa potenzialità di rinnovamento radicale, nonostante molte perplessità,sostengo il 5s.

Però prima dobbiamo uscirne.

Anonimo ha detto...

eco,
io cerco di far ragionare (tentando una convergenza sull'uscita dall'euro) sia i liberisti che i marxisti, sperando che abbandonino le pregiudiziali ideologiche. sarei a favore di fronti i più ampi possibili a tal fine, anche con alleanze tattiche inusitate con belzebù.
ma come dici tu non c'è niente da fare e serve solo a passare il tempo.
il debito verrà ristrutturato ma non servirà a niente se non impoverire una marea di risparmiatori nonchè causare fallimenti bancari con ulteriore taglio di capelli per i risparmiatori.
con ulteriore crollo di consumi e produzione in un loop micidiale.
poi quando i kattivi risparmiatori saranno tosati, tornati sottoproletari e i salari saranno a 400 euro, i marxisti saranno finalmente soddisfatti.
p.s. io ti informo che il fondo per proteggere i 100.000 euro dei c/c in caso di cipriate, contiene solo lo 0.4% di ciò che dovrebbe proteggere (non so se lo sai o se ti interessa...).
antonio.

Anonimo ha detto...

brava chiara,
bisogna rifondare le radici, ad esempio ridefinire gli insiemi chiamati "classi", come accenni tu e come ho scritto nei post precedenti.
e bisogna ascoltare tutti, nessuno è completamente dalla parte del torto. e il mio non è un discorso di circostanza ma pratico, reale... il discorso di uno che prima aveva i suoi "razzismi" di sinistra ma che quando ha conosciuto e accettato onestamente la realtà li ha abbandonati.
antonio.

Anonimo ha detto...

"p.s. io ti informo che il fondo per proteggere i 100.000 euro dei c/c in caso di cipriate, contiene solo lo 0.4% di ciò che dovrebbe proteggere (non so se lo sai o se ti interessa...)."
La cosa non è una novità, purtroppo, ma la maggior parte dei risparmiatori spera che tutte le banche non falliscano contemporaneamente, il che, ahimè, con l'aria che tira, non sarebbe poi tanto improbabile.

Anonimo ha detto...

Sono del tutto concorde con le considerazioni espresse da "Eco della rete" a proposito dei termini "destra e sinistra": parole sante, direi e da non lasciar perdere nel turbinio di opinioni espresse in genere nei blog.
Si potrebbe anche dire : schiavitù (uscita di destra) e libertà (uscita di sinistra).
Ed è vero che ormai sarebbe ora di aggiornare il vocabolario politico.

Anonimo ha detto...

"uscire per andare dove?"
Sto pensando in questo momento all'Ungheria. Certissimamente moltissimi diranno che Orban è di destra.
Io invece penso che Orban si batta per l'uscita dell'Ungheria da uno stato di servitù mortale, cioè si è posto di fronte ad una scelta di libertà.
E , io credo, si tratta di una scelta obbligata perché è chiaro che i governi che, per esempio, hanno guidato la Grecia finora, hanno optato anziché per la vita , per l'estinzione della gente greca. Sono stati dei traditori., degli sterminatori.
Non è questione di destra o di sinistra, è questione di vivere o morire.

SOLLEVAZIONE ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

anonimo delle 11.15 (e scrivetelo un nick, no?),
lo 0.4% forse difende UNA banchetta di paese. ripudiando il debito certamente falliscono tutte le banche più grosse. a quel punto ci sarebbe un buco di 500-800 miliardi, pensate che ci penserà la bce o la germania ad accollarselo o che ci toglieranno pure gli orologi dai polsi?
e senza contare che probabilmente il default si spanderebbe fuori dai confini...
chi vuole il default è un pazzo da rinchiudere!
antonio.

SOLLEVAZIONE ha detto...

GUELFI E GHIBELLINI - destra e sinistra

Le analogie storiche vanno usate con le pinze, poiché il più delle volte invece di aiutarci a capire che fare confondono le idee.

Non penso, che sia possibile alcun plausibile parallelismo con la contesa che dilaniò l'Italia dal XII al XIV secolo.

Qual'era infatti l'oggetto del contendere? A chi dovesse spettare la primazia politica. Se all'Impero o alla Chiesa. I guelfi (che poi su questo si divisero) difendevano il principio del "missus dominici", ovvero che il potere politico dovesse essere affidato al Papa. Da questo punto di vista i "progressisti" erano i ghibellini, per nulla i guelfi.

E non è vero che i comuni italiani erano guelfi: c'erano due leghe opposte, di comuni guelfi e comuni ghibellini. Quelli che stavano sotto il tallone di ferro del dispotismo clericale necessariamente chiesero l'aiuto dell'imperatore svevo. Potevano fare altrimenti?

Su scala storica possiamo dire che la vittoria dei guelfi fu una delle ragioni che, rafforzando la Chiesa, rallentò di secoli il processo che porterà l'Italia a diventare uno Stato-nazione.
Altro quindi che che noi oggi saremmo simil-guelfi!

Detto questo. Io comprendo che dopo trent'anni di devastazione ideologica berlusconiana e neoliberista, dopo che il grosso della sinistra si è messa al servizio del sistema neoliberale, la dicotomia sinistra-destra appaia desueta se non priva di fondamento.

E', per usare una figura di Del Noce, l'eclissi o il tramonto della sinstra? Io penso siamo davanti all'eclissi, che anzi questa sta per terminare il suo corso obnubilante.

Oggi certo dobbiamo costruire il più largo fronte unitario, sovranista e democratico, per spezzare le catene euro-tedesche, sostenute dalle grandi aristocrazie finanziarie globali e anzitutto euro-atlantiche.

Ma questo non può impedirci di vedere, dato che l'euro è destinato al collasso, che le stesse forze sistemiche hanno di sicuro un "Piano B", che passa per la gestione antipopolare dello shock del ritorno alla valute nazionali.

Queste forze vogliono: libertà assoluta di movimento per i capitali, conservare lo strapotere della finanza predatoria, deregolamentazione dei mercati del lavoro, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, tagli ai salari.

Io chiamo questa "uscita di destra" —nella variante A, poiché c'è quella B, fascistoide e revanchista in stile Urban.

Penso che tutti capiscano.
O ritenete che se la chiamiamo "uscita ghibellina" i cittadini ci capiranno meglio?
Suvvia!

Moreno Pasquinelli

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Un debito di duemila miliardi è per un paese come l'Italia rimborsabile?
Stiamo parlando di circa trentacinquemila di euro a testa, neonati e moribondi inclusi: è ovvio che sia impossibile pagare questo debito.
Acclarato ciò, ci si può dividere sul modo per uscirne, ma tutti conveniamo sull'impossibilità di rimbvorsarlo, perchè di fatto nessuno dice diversamente (sarebbe un pazzo).
Allora, io invito a non pretendere di essere più furbi dei creditori.
Chiamatela ristrutturazione, chiamatela cambio di valuta, chiamatelo default, ma dal dovere rovesciare il tavolino su cui questo infernale gioco della globalizzazione si sta giocando, non si esce, non si può fare diversamente.
Se fosse possibile farlo consensualmente agli altri paesi, all'Europa, alle banche creditrici, tanto meglio, ma su questo io sono scettico.
Difatti, un sistema bancario forte potrebbe anche accettare di contrattare il credito, ma un sistema bancario disperato perchè in stato effettivo di fallimento, non accetterà nessun accordo, si aggrapperà a qualsiasi cosa pur di prolungare il proprio stato di agonia.
Per questo, bisogna andare a risolvere il problema del debito alla radice, il che non esclude rimborsi differenziati per soggetti differenziati come del resto è prassi in qualsiasi procedura fallimentare.
Insomma, qualsiasi cosa di meno che uscire dalla disastrosa giostra della globalizzazione è insufficiente

Anonimo ha detto...

Demetrio
"Io comprendo che dopo trent'anni di devastazione ideologica berlusconiana e neoliberista, dopo che il grosso della sinistra si è messa al servizio del sistema neoliberale, la dicotomia sinistra-destra appaia desueta se non priva di fondamento." (citaz. da Pasquinelli).
Neoliberismo e berlusconismo hanno iniziato ad affermarsi sul serio in Italia dopo la fatidica data del 1988.
Ma che nessuno sappia o si ricordi che cosa è avvenuto in quell'anno?!

Rodolfo Monacelli ha detto...

Innanzitutto ringrazio la redazione di Sollevazione di aver ripreso il mio articolo.

Rispondo brevemente a Eco della Rete e agli altri che hanno commentato il mio articolo.
Quello di cui modestamente cercavo di esprimere nell'articolo non è una questione di definizioni. Si può parlare fino all'infinito, scontrarci e analizzare la questione della fine, o meno, della dicotomia destra/sinistra (e infatti nel nostro sito, il che dimostra la nostra apertura, è presente un articolo di Diego Fusaro che affronta filosoficamente questo problema). Ma non è questo il punto. Che lo si voglia o no, il termine destra e sinistra rappresentano ancora qualcosa: rappresentano una visione del mondo e degli interessi di Classe da difendere o da attaccare. Essere - o, meglio, sentirsi - di destra e di sinistra rappresenta ancora qualche cosa.

Il che non toglie, come modestamente ho cercato di esprimere nell'articolo, del fallimento, del tradimento, della mutazione genetica di questa sinistra. E che, se parliamo di questa sinistra, siamo perfettamente d'accordo che tale dicotomia sia mantenuta artificialmente per creare una contrapposizione puramente elettorale a causa soprattutto dell'allineamento della cosiddetta "sinistra" (o almeno della sua parte largamente maggioritaria sul piano elettorale, sindacale ed intellettuale) all’imperialismo americano ed alle sue guerre di dominio geopolitico del mondo e, più recentemente, all'europeismo.

Quello di cui volevamo parlare, e che vogliamo ricostruire, non ha nulla a che fare con questo. Sta a significare la ricostruzione, politica e culturale, dei valori di uguaglianza, giustizia sociale, opposizione al capitalismo e ai suoi strumenti.

E tutto questo non si può fare unendo tutto e il contrario di tutto solo perché, formalmente, si è contro l'euro. Un movimento, ma direi ancora di più una cultura politica, non si può formare solo "contro", ma anche "pro".

Concretamente: come si vuole uscire dall'euro? Cosa si vuole fare dopo l'uscita dall'euro? Che fine farà il mercato unico europeo e l'ideologia mercatista? E così via.

Inoltre, anche da un punto di vista meramente comunicativo, vogliamo veramente lasciare questa battaglia solo alla destra? Vogliamo continuare a far identificare l'uscita dall'euro e dall'Ue con Alba Dorata e il Front National o, se ci va bene, con Tremonti e Crosetto? E, non vi preoccupate, loro non avranno alcun timore a definirsi di "destra".

Fuck You Google+ ha detto...

In ufficio, parlando con un collega, è emerso il concetto "Speriamo che facciamo presto default, così tutto questo finisce...".

Questo collega mi diceva che lui alle scorse elezioni avrebbe votato Monti, quindi sì...direi che questo "senso di stanchezza" stà colpendo gli italiani in massa, al di là delle
impostazioni politiche...

...la gente essenzialmente è stufa di fare sacrifici per far abbuffare quegli str...i che stanno in Parlamento e a Palazzo Chigi e tutta la cricca di "magnatores" che si portano dietro ed è stufa di vivere un'esistenza "bloccata".

E devo essere sincero:

Quando lessi 1984 io conclusi che, posto in quelle condizioni, io sarei anche morto, ma al Grande Fratello avrei cercato di ficcare una pallottola nel cervello, ma...in tutta sincerità...io applaudirei fino a spellarmi le mani pure Stalin se deportasse in massa in gulag siberiano (e specifico...*a crepare*) tutta la feccia (politici, clientes, etc...) che succhia linfa vitale a questo Paese!

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Ho preferito continuare ad argomentare con un post su ecodellarete.

Compagno Pasquinelli, rilassati!

Emilio L. ha detto...

Secondo l’OCSE, l’Italia è il secondo paese europeo per livello di disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, dietro solo alla Gran Bretagna.

L’indagine campionaria della Banca d’Italia rivela che il 10% più ricco della popolazione possiede il 46% della ricchezza netta complessiva, mentre il 50% più povero si deve accontentare di meno del 10%.

E non stiamo parlando di una “guerra fra poveri”: secondo il Global Wealth Report del Credit Suisse, l’Italia è al tredicesimo posto al mondo per ricchezza pro-capite (su livelli superiori a quelli di Germania, Austria, Olanda, …) ed all’ottavo posto per numero di individui con ricchezza superiore al milione di dollari.

Queste statistiche sulla concentrazione della ricchezza, poi, non tengono in considerazione i fondi trasferiti illegalmente nei paradisi fiscali in giro per il mondo: solo nella vicina Svizzera, si stima siano depositati capitali in fuga dall’Italia tra i 120 ed i 180 miliardi di euro.

A questo punto, sorge spontaneo chiedersi come sia possibile spacciare l’idea che l’uscita dall’Euro rappresenti la condizione necessaria per avere più giustizia sociale!

A pensar male, si potrebbe osservare come questa invocazione ad unirsi per la crociata contro l’Euro, senza distinzioni tra destra e sinistra, sembri funzionale proprio a distogliere l’attenzione dal conflitto, oggi ancor più stridente, tra classi dominanti e ceti popolari prostrati dalla crisi, tra ricchi sempre più ricchi e poveri senza speranza!

Assumendo invece la buona fede di chi vi esorta, tale proposta politica denota comunque una forma di subordinazione all’ideologia neoliberista, essendo pervasa da una sfiducia di fondo sulla possibilità di modificare i rapporti di forza all’interno della società, rintuzzando gli egoismi dei più ricchi nel nome di un progetto di sviluppo più sostenibile ed inclusivo.

Un cordiale saluto.
http://marionetteallariscossa.blogspot.it/

Anonimo ha detto...

Il default non è un pranzo di gala. Sono dell'opinione, e qua mi attirerò antipatie, come esiste un modo di destra o di sinistra per uscire dall'euro esiste un modo di destra o sinistra per fare default. Quello proposto da sollevazione è quello di sinistra.

Alberto ha detto...

"Concretamente: come si vuole uscire dall'euro? Cosa si vuole fare dopo l'uscita dall'euro? Che fine farà il mercato unico europeo e l'ideologia mercatista? E così via."

Questo è il bello di quest'iniziativa di "sollevazione", che trova sostanzialmente concordi Moreno ed Ecodellarete (proletariato e classe media?).

Ed è in quel "così via" il meglio della discussione, perchè contiene, potenzialmente, un ampliamento di orizzonti fino alla fatidica dimensione sistemica del problema, l'unica che consente un superamento propositivo del cosiddetto "capitalismo" con le sue contraddizioni mortali, a cominciare dall'allargamento tendenziale della forbice sperequativa di redditi e patrimoni, verso l'orrido risultato finale di un elite totalitaria, sempre più aliena e disposta a sacrificare il 99% nell'illusione di salvarsi.

A mio avviso la "classe media" di Ecodellarete può ben interpretare un equilibrato mix di patriottismo e senso del sociale che localmente costituisce il nesso necessario col nuovo e inedito senso del bene comune universale, tra coabitanti di un piccolo pianeta.

Alberto Conti

Anonimo ha detto...

eco,
non solo la classe media è classe... ma è pure l'85% del paese.
ma chi sono oggi i veri proletari? forse i congolesi che raccolgono pomodori a caserta. e la maggior parte dei "compagni" sono classe media, non proletari.
l'80$ delle famiglie sono proprietarie di almeno una casa.
il 90% delle famiglie sono proprietarie di un conto titoli (quindi hanno kattivoni investimenti finanziari).
tutti questi NON sono proletari!
tutti questi a fronte di misure come tagliamo, espropriamo, tassiamo, defaultiamo, vi daranno addosso.
antonio.

Anonimo ha detto...

alberto,
e "proletari" (???) e compagni ce l'hanno il senso del bene comune? perchè il bene comune è soprattutto il bene della classe media, che è maggioranza... la collaborazione della classe media non si ottiene certo dandogli addosso invocando sadicamente espropri e default o crocofiggendo piccoli imprenditori. il che tra l'altro spesso auspicato da "compagni trans" (travestiti da proletari ma che non lo sono).

emilio,
non riportare solo le statistiche che ti interessano. l'italia è anche il paese al MONDO con più alta % di spesa pensionistica sul pil, tra i paesi al mondo con più alta % di gente che non lavora (e non parlo di disoccupazione), con più alta tassazione e spesa pubblica.
chi ha detto che uscendo dall'euro si risolvono tutti i problemi? chi ha detto che usciti dall'euro non faremo più politica? questa è una CALUNNIA. uscire dall'euro è necessario perchè in questo momento è l'euro il principale meccanismo di impoverimento delle classi mediobasse che va ad aumentare proprio quella disparità che tu denunci. ed è tragico che siete in tanti a non capirlo.
e mi sa che in realtà il discorso "uscire dall'euro non basta" vuole arrivare a RIMANERCI nell'euro, confermando la linea pd-multinazionali.
antonio.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Caro Antonio, ti invito a riflettere sul fatto che, nel definire (nel mio post) la classe media, non ho usato qualificazioni di reddito, bensì valoriali (in senso etico). Questo modo di intendere il concetto di "classe media" non vuole sostiruirsi completamente a quello basato sul reddito, ma intende completarlo.

Per esempio: è possibile che sia più "classe media" (nel senso che ho descritto nel post) il congolese che oggi raccoglie pomodori, piuttosto che il piccolo borghese che si indebita per andare in vacanza.

Anonimo ha detto...

eco,
ho letto attentamente quello che hai scritto. possiamo assumere vari parametri per definire le "classi", quello culturale (il tuo), il reddito, la ricchezza, il possedere o meno i mezzi di produzione... io potrei aggiungerne un altro, le "intenzioni di consumo" (ci sono molti poveri che appena possono sfoggiano oggetti da ricchi e se ne strafottono dei valori proletari).
ai tempi di marx la semantica era semplice, il salario dei lavoratori era sufficiente appena per mangiare, non potevano risparmiare nulla e perciò la loro proprietà era solo la prole, da cui proletari.
oggi la situazione è parecchio cambiata... tu parli anche di "capitalismo nemico comune" ma anche qua bisognerebbe definire chi sono sti capitalisti, perchè per molti compagni chi ha delle proprietà è un capitalista sfruttatore. il padrone di casa è un capitalista sfruttatore, il fruttivendolo un capitalista sfruttatore, la nonnetta con 200.000 sul c/titoli una capitalista sfruttatrice.
l'eroico SALVATOR ALLENDE non voleva nazionalizzare solo banche e grande industria, nazionalizzò pure... i camion! con un solo decreto si fece nemica il 20% della popolazione (in sudamerica tutto viaggia su ruote e i camionisti sono milioni), gente che lavora 15 ore al giorno per pagare le rate del camion.
chi so' sti capitalisti? le grandi imprese sono tutte indebitate, usano i NOSTRI soldi, i "capitalisti" siamo noi!!!
il capitale sono le nostre case, i nostri risparmi, i nostri fondi pensione... le kattive banche lavorano coi soldi nostri.
per questo mi batto contro quelli che "cancelliamo il debito"... cancelleremmo pure le nostre piccole proprietà e torneremmo a essere proletari veri old style, per la gioia del potere vero.
il sistema odierno non è capitalista ma DEBITISTA! ha il potere chi usa i soldi altrui.
io al contrario di te ero politicamente attivo negli anni 70, ma lo sai quante stronzate giravano? "salario intero lavoro zero", "30 politico"... oppure, sul piano culturale, "la penetrazione è di destra, il sesso orale è di sinistra" (!!!), "procreare è di destra, l'omosessualità è di sinistra"...
insomma un bel bestiario di demenzialità autolesioniste.
antonio.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Caro Antonio, io negli anni settanta ero "politicamente attivo". Le cose di cui parli le conosco benissimo. Non sopportavo il "30 politico" e kazzate simili! C'è voluto del tempo perché capissi che molti di quei capelloni "de sinistra" erano dei gigli di puttana "de destra" (gigli non è un errore di battitura) che facevano i compagni perché girava così, e gli conveniva. E infatti... passati un po' di anni... me li sono ritrovati infilati nelle peggio storie.

Diciamolo: non aver fissato dei solidi paletti morali (solidi paletti morali porko odino!), ma aver accettato nelle nostre fila gente che si faceva le treccine (salvo poi mettersi la cravatta), e blaterava stronzate del tipo "lo Stato mi DEVE dare la casa", senza però nemmeno concepire che, in cambio, dovevano dare qualcosa allo Stato (cioè alla collettività), è stato un errore madornale.

Il comunismo o è scelta etica, oppure non è! Ma sai, a quei tempi andava di voga l'idea del socialismo "scientifico"... cioè: non serve impegnarsi... er comunismo trionferà (per necessità storica). E allora, a che serve l'etica? E' già tutto scritto... n'amose a fa 'na canna...

Che ci vuoi fare? Si deve ricominciare da capo.

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Solo per dire le cose come stanno.
Lasciamo perdere l'oggi, e le varie opinioni, ma almeno su ciò che successe in Cile, potremmo convenire.
Ebbene, la cosiddetta nazionalizzazione dei camion fu conseguenza inevitabile del protrarsi della serrata dei padroncini, tutta politica, ed ispirata dalle forze reazionarie.
Non è che Allende si svelgiò una mattina e fece questa bella pensata di confiscare i camion. No, dopo settimane di serrata che, a causa del monopolio del trasporto su gomma, aveva portato a svuotare i negozi delle città, bloccando in sostanza l'intero paese, la confisca era l'unica soluzione per portare cibo ed altra merce ai propri cittadini: altro che dabenaggine, si trattava di un atto dovuto.
Non so l'età dei miei interlocutori, ma probabilmente dispongono soltanto di informazioni di seconda mano. Il Cile fu l'esempio eclatante del fatto che gli USA ed i suoi alleati erano democratici solo di facciata, pronti al golpismo più sfrenato alle prime difficoltà.
E' triste vedere il primo che passa per strada dare del mentecatto ad Allende.
Naturalmente, ciò contribuisce a chiarire perchè certe idee approssimative riescano a fare tanta breccia in giro per i blog, così come certe contiguità con la destra più retriva in certi ambientini con su scritto "sinistra".

Fiorenzo Fraioli ha detto...

@Vincenzo Cucinotta

Verissimo quel che dici. La lieve imprecisione di antonio mi era sfuggita. Quoto, e spero che l'errore di antonio sia dovuto alla giovane età e a fonti di informazione sbagliate.

In quell'occasione la CIA mobilitò in senso reazionario la classe dei padroncini, per difendere l'industria del rame che era nelle mani di multinazionali americane.

Anonimo ha detto...

eco,
miiii... non immagini quanto poco sopportavo quelli che "lo stato mi DEVE...". molta sx ancora oggi non capisce che i prodotti (o i soldi) non piovono dal cielo, qualcuno deve lavorare per farli.

eco e cucinotta,
ho 50anni. le notizie che ho sono di fonti che all'epoca erano in loco. può darsi che mentano, come può darsi che menta la propaganda compagnesca (per me nessuno è buono o veritiero a priori). ad esempio so per visione personale che sul brasile di oggi la propaganda compagnesca mente spesso.
caro cucinotta, di "idee approssimative" e "primo che passa per strada" anche i siti compagni traboccano. tempo fa lessi un prof universitario (mica pizza e fichi) compagno che diceva che in brasile in certe regioni milioni di donne erano state sterilizzate... tristi FREGNACCE per supportare la storiella dei "poveri schiacciati dall'impero".
lo sappiamo bene dell'interesse degli americani in cile. ma nella fattispecie mi risulta ostico credere che la cia possa convincere decine di migliaia di padroncini a fare serrata. certamente ce l'avevano con allende da prima e per altri motivi. ad ogni modo la nazionalizzazione fu una cazzata e allende finì male.
dobbiamo anche finirla con questa idealizzazione dei martiri, di cristianuccia derivazione e per nulla scientifica. chi perde ha sbagliato qualcosa e non dovrebbe essere preso ad esempio.
antonio.

Anonimo ha detto...

prendo da un sito di sx:
"Da fine settembre si verificò una progressiva paralisi di taxi, camion, autobus, soprattutto "padroncini". Seguirono numerose categorie:impiegati, professionisti, negozianti e quindi proprietari di aziende che ricorsero alla serrata. Fu chiamato dalla sinistra lo "sciopero della borghesia" e passò alla storia come il "paro de octubre"
la famosa classe media... cavolo, tutti a busta paga della cia???
antonio.

Anonimo ha detto...

torniamo all'economia...
proposta di una famigerata organizzazione sovversiva bolscevica (FMI):
”Prelievo forzoso sui conti correnti bancari del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro. Tanto ci vorrebbe, secondo i calcoli degli economisti, per riportare il debito sovrano del blocco ai livelli pre crisi”
antonio.

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