venerdì 12 luglio 2013

«NOI SIAMO LA RABBIA BUONA, NON QUELLA CATTIVA». In merito a quanto detto da Grillo alla conferenza stampa dopo l'incontro con Napolitano

12 luglio. «Dovreste essere orgogliosi di un movimento che ha tenuto un po' di democrazia in questo paese. Guardate che io sto sempre a stemperare gli animi di gente, l'ho detto a Napolitano, che vuole prendere i fucili, sparare, prendere i bastoni, così si fa la rivoluzione... Con calma con calma, abbiamo ancora forse dei metodi democratici, proviamo con quelli, ma fino a che punto possiamo ancora raccontarla questa roba qua?» [Beppe Grillo in Conferenza stampa]

I media di regime hanno giocato sporco, mettendo praticamente in sordina, sia il documento politico consegnato dalla delegazione del M5S al Presidente Napolitano —che riportiamo qui sotto— sia le cose dette da Beppe Grillo nella conferenza stampa successiva —vedi in fondo all'articolo.

Riteniamo invece che le cose scritte nel documento e le cose dette siano di cruciale importanza. Esse sono scritte e dette infatti in un momento politico delicatissimo, mentre sul paese si addensano le nubi fosche di un collasso, di un default combinato dello Stato sul debtio pubblico e del sistema bancario.
Sono molto importanti non fosse che perché indicano, con chiarezza cristallina, la linea che seguirà il M5S nei prossimi mesi e nel caso la situazione, com'è altamente probabile, precipiti.

L'analisi indicata nel documento consegnato a Napolitano è veritiera. Il Paese è come se avesse subito, con la recessione che morde da oramai 4 anni, una vera e propria guerra. Non è infatti una crisi ciclica ma sistemica, epocale. Non se ne esce se non con una svolta radicale e misure eccezionali. Non saranno i partiti che sostengono Letta a poter evitare l'ecatombe sociale. Un'ecatombe che potrebbe spingere la rabbia sociale a manifestarsi in forme esplosive.

E' qui che Grillo, nella foga che lo caratterizza si è lasciato scappare la frase sui fucili di cui sopra, sulla gente che pensa che ci vuole la rivoluzione. Non si sbaglia. Grillo percepisce quel che bolle in pentola molto meglio di tanti sinistrati alla canna del gas, del tutto incapaci di entrare in sintonia con i sentimenti più profondi del popolo lavoratore.

Poco prima Grillo aveva affermato che M5S "rappresenta la rabbia buona, non quella cattiva" —alludendo a quanto aveva detto in altre occasioni, cioè che M5S è una specie di argine contro una sollevazione popolare violenta.
E questo lo sapevamo. Non è certo M5S la forza politica che si metterà alla testa di una sollevazione. Come è certo che se questa ci sarà spazzerà via non solo i cascami partitocratici ma chiunque si metterà eventualmente di travsero, M5S compreso.

Ma ora non siamo né dentro né nei pressi di una sollevazione, la sola che davvero potrà cambiare l'ordine delle cose presenti. La sollevazione è solo incipiente, rumoreggia nelle viscere della società. Si tratta di capire dove stare, cosa fare, come attrezzarsi affinché essa venga alla luce.

Il documento e le cose dette in conferenza stampa ci danno alcune risposte, di sicuro alla prima domanda: occorre stare accanto al M5S. Per la semplice ragione che questo movimento si conferma, oggi come ieri, la sola voce dell'indignazione di massa, il solo veicolo per farla vivere invece che essere risucchiata nella disperazione. In questo senso ci pare importante che, di contro a questo Parlamento di servi e di comandati, Grillo abbia detto che M5S non esclude di uscirne. Un'idea politica che può adesso sembrare astrusa e che presto potrebbe invece diventare deflagrante, sulla scia di quanto il Terzo stato francese fece nel 1789 autoconvocandosi nella Sala della Pallacorda, istituendo così il contropotere del popolo oppresso.

C'è quindi la questione del giudizio sulla parte propositiva avanzata da M5S. Non spendiamo altre parole sulla totale inadeguatezza dei gruppi parlamentari. Il documento presentato a Napolitano è invece un vero e proprio documento programmatico, forse il primo degno di questo nome, che supera la tradizionale narrazione civilista e democraticistica del movimento. Si tratta in poche parole di un vero e proprio programma di governo d'emergenza. Per la prima volta in modo netto M5S compie una piena assunzione di responsabilità.

Alcune misure indicate, singolarmente prese, sono sacrosante, altre sono giuste, per quanto intrise di un ingenuo interclassismo. Un governo d'emergenza che cerchi di realizzarle avrebbe il più ampio sostegno popolare e di converso la più aspra opposizione delle moribonde forze oggi dominanti. 

Il guaio, il vero guaio, è che queste misure M5S le colloca in un quadro politico del tutto insoddisfacente, anzi sbagliato. Il quadro è ben riassunto in questo passaggio del documento:
«Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero. Non possiamo fallire in nome dell’euro»
M5S non riesce ancora a rompere gli indugi, a violare il tabù della moneta unica. Si ritiene che sia possibile, attraverso l'arma della minaccia di un default, piegare in un colpo solo la grande finanza predatoria globale, la Germania e la Bce. Errore, grande errore. 

La radice di questo errore è presto detta: si parla di una crisi che è come una guerra, ma lo si fa in maniera superficiale, approssimativa, poiché non si afferra a pieno la natura sistemica della crisi globale del capitalismo e che non solo l'euro ma la stessa Unione non gli sopravviveranno. Non si vuole dire agli italiani che uscirne, riconquistando sovranità politica e monetaria è non solo necessario ma inderogabile. Ci si trastulla ancora, come del resto fa quasi tutta la sinistra moribonda,  nell'illusione suicida che sia possibile evitare l'ecatombe restando nella gabbia sancita dai Trattati liberisti europei.

Per questo siamo sì a fianco di M5S, almeno fino a quando sostenerlo significherà tenere accesa la fiaccola dell'indignazione popolare, fino a quando le cosche oggi dominanti saranno al potere.

Domani, quando queste cosche staranno per essere spazzate via, quando sarà posto sul tappeto il formare un governo popolare, vedremo. I fatti hanno la testa dura, la situazione conoscerà nuove accelerazioni e la società più profonde fratturazioni, non è quindi escluso che il Movimento 5 Stelle sia costretto a sbarazzarsi delle sue claudicanti illusioni. Chi ha la testa sulle spalle e i piedi piantati per terra non deve solo augurarselo, deve agire affinché questo avvenga.




ECCO IL DOCUMENTO CONSEGNATO AL PRESIDENTE NAPOLITANO

 «Al Presidente della Repubblica Italiana,

ho chiesto questo incontro, di cui la ringrazio per la sollecitudine, per esprimerle direttamente le mie preoccupazioni sulla situazione economica, sociale e politica del Paese convinto che misure urgenti e straordinarie, pari a quelle di un’economia di guerra, non possano più aspettare oltre, neppure un giorno.


L’Italia si avvia verso la catastrofe. Chi è oggi al governo del Paese è responsabile dello sfacelo, sono gli stessi che ne hanno distrutto l’economia. Questa classe politica non è in grado di risolvere alcun problema. E’ essa stessa il problema. Il Governo delle Larghe Intese, voluto fortemente da lei, tutela soltanto lo status quo e gli interessi di Berlusconi, che in qualunque altra democrazia occidentale non sarebbe ammesso ad alcuna carica pubblica, e tanto meno in Parlamento. La Nazione è una pentola a pressione che sta per saltare, mentre, ormai da mesi, il Governo Letta si balocca con il rinvio dell’IMU e la cancellazione di un punto dell’IVA senza trovare una soluzione. I numeri dello sfacelo sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederli, e sono drammatici. Il tasso di disoccupazione più alto dal 1977, il crollo continuo della produzione industriale, che si attesterà a meno tre per cento nel 2013, la continua crescita del debito pubblico che è arrivato a 2.040 miliardi di euro, il fallimento delle imprese che chiudono con il ritmo di una al minuto, una delle tassazioni più alte d’Europa, sia sulle imprese che sulle persone fisiche, gli stipendi tra i più bassi della UE, il crollo dei consumi, persino degli alimentari, l’indebitamento delle famiglie. E’ una Caporetto e sul Piave non c’è nessuno, sono tutti nei Palazzi a rimandare le decisioni e a fare annunci. Il Parlamento è espropriato dalle sue funzioni, la legge elettorale detta Porcellum è incostituzionale e i parlamentari sono stati nominati a tavolino da pochi segretari di partito. Il Governo fa i decreti legge senza che sia dato il tempo minimo per esaminarli e il Parlamento approva a comando. Non siamo più da tempo una repubblica parlamentare, forse neppure una democrazia.


Il debito pubblico ci sta divorando, paghiamo di interessi circa 100 miliardi di euro all’anno, che crescono ogni giorno. Solo quest’anno per non fallire dovremo vendere 400 miliardi di euro di titoli. Le entrate dello Stato sono di circa 800 miliardi all’anno, un euro su otto serve a pagare gli interessi sul debito. Né Berlusconi, né Monti, né Letta hanno bloccato la spirale del debito pubblico, che cresce al ritmo di 110 miliardi all’anno. Gli interessi sul debito e la diminuzione delle entrate fiscali, dovute al fallimento di massa delle imprese, alla disoccupazione e al crollo dei consumi, rappresentano la certezza del prossimo default.


Non c’è scelta. Il debito pubblico va ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti, la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà: l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero. Non possiamo fallire in nome dell’euro. Questo non può chiederlo, né imporcelo nessuno. A fine 2011 i titoli di Stato italiani presenti in banche o istituzioni estere erano il 50%, le nostre banche grazie al prestito della BCE dello scorso anno, prestito garantito dagli Stati e quindi anche da noi, si sono ricomprati circa 300 miliardi dall’estero, tra titoli in scadenza e rimessi sul mercato, questo invece di dare credito alle imprese. E siamo scesi al 35%. E’il miglior modo per fallire. Quando ci saremo ricomprati tutto il debito estero e non avremo più un tessuto industriale collasseremo e la UE rimarrà a guardare, come è successo in Grecia. Ora disponiamo di un potere contrattuale, ora dobbiamo usarlo.
L’Italia ha l’assoluta necessità di aiutare le imprese con misure come il taglio dell’Irap, una tassazione al livello della media europea, con servizi efficienti e meno costosi, con la protezione del Made in Italy assegnato solo a chi produce in Italia e con l’eventuale applicazione di dazi su alcuni prodotti. Allo stesso tempo è urgente l’introduzione del reddito di cittadinanza, nessuno deve rimanere indietro. Ci preoccupiamo dei problemi del mondo quando non riusciamo ad assistere gli anziani e non diamo possibilità di lavoro ai nostri ragazzi che devono emigrare a centinaia di migliaia.
Reddito di cittadinanza e rilancio delle PMI sono possibili da subito con il taglio ai mille privilegi e alle spese inutili. Ne elenco solo alcuni.


Eliminare le province, portare il tetto massimo delle pensioni a 5.000 euro, tagliare finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali, riportare la gestione delle concessioni pubbliche nelle mani dello Stato, a iniziare dalle autostrade, perché sia l'Erario a maturare profitti e non aziende private come Benetton o, dove questo non sia possibile, ridiscutere le condizioni, eliminare la burocrazia politica dalle partecipate dove prosperano migliaia di dirigenti, nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena, eliminare ogni grande opera inutile come la Tav in Val di Susa e l'Expo di Milano, ridurre drasticamente stipendi e benefit dei parlamentari e di ogni carica pubblica, cancellare la missione in Afghanistan, fermare l'acquisto degli F35. Potrei continuare a lungo. Queste misure non possono essere prese dall’attuale classe politica perché taglierebbe il ramo su cui si regge.


Questo Parlamento non è stato eletto dagli italiani, ma dai partiti e dalle lobby. Non può affrontare una situazione di emergenza nazionale, di economia di guerra, perché deve rispondere ai suoi padrini, non ai cittadini.


Le chiedo perciò di fare abrogare l’attuale legge elettorale in quanto incostituzionale, di sciogliere il Parlamento e di ritornare alle urne. L’autunno è alle porte insieme al probabile collasso economico. I problemi si trasformeranno da politici a sociali, probabilmente incontrollabili. Non c’è più tempo. Lei ha volutamente tenuto sulle sue spalle grandi responsabilità quando avrebbe potuto e forse dovuto declinarle. Lei è ormai diventato lo scudo, il parafulmine di partiti che non hanno saputo né governare, né riformarsi e da ritenersi, nel migliore dei casi, degli incapaci. Non è questo il suo compito, ma quello di rappresentare gli interessi del popolo italiano». 

[Dal sito di Beppe Grillo, 10 luglio]

- Conferenza stampa di Grillo e M5S dopo l'incontro con Napolitano - 10 luglio 2013
 [Prima e Seconda parte]

3 commenti:

grillini appesi per le palle ha detto...

Ancora state appresso alle fregnacce di Grillo?
Ma non lo avete capito che da Napolitano è andato per promettere appoggio al governo in caso di condanna e crisi aperta da Berlusconi?

SOLLEVAZIONE ha detto...

Non è una crimine scambiare fischi per fiaschi. E' solo il tratto distintivo dei cretini, o di quelli che hanno fette di prosciutto davanti agli occhi.

Anonimo ha detto...

che Grillo sia andato da Napolitano ad assicurare in caso di condanna di Berlusconi lo dicono tutti i retroscenza dei giornali e...SENZA ALCUNA SMENTITA

Lettori fissi di SOLLEVAZIONE

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