Sgombriamo il campo dagli equivoci
Il 23 marzo del 1999 la NATO scatenò la prima guerra europea dopo la fine della seconda guerra mondiale. Quella che doveva portare a termine la distruzione della Jugoslavia e far posto ad un nuovo stato fantoccio: il Kosovo. Per 78 giorni si susseguirono ondate di bombardamenti aerei sul corpo già martoriato di quel paese. Una guerra che sarebbe stata impossibile senza il ruolo di comprimario dell'Italia dell'allora primo ministro D'Alema, il quale, a tre anni di distanza, ebbe modo di dire: «Vorrei ricordare che quanto a impegno nelle operazioni militari noi siamo stati, nei 78 giorni del conflitto, il terzo Paese, dopo gli USA e la Francia, e prima della Gran Bretagna. In quanto ai tedeschi, hanno fatto molta politica ma il loro sforzo militare non è paragonabile al nostro: parlo non solo delle basi che ovviamente abbiamo messo a disposizione, ma anche dei nostri 52 aerei, delle nostre navi. L'Italia si trovava veramente in prima linea».
Ognuno può immaginare cosa rappresenti oggi l'Italia per un cittadino serbo. Non abbiamo alcuna simpatia per gli ultrà serbo-cetnici, ci viene tuttavia il voltastomaco per l'ipocrita esecrazione degli italioti nazionalisti per essersi visti restituire una parte infinetisimale della violenza che essi scaricarono addosso alla Jugoslavia per dare vita allo stato narco-papponico chiamato Kosovo. Crimine di cui essi vanno ancora fieri. Per mezzo dei suoi difesori il simil-rambo ultrà serbo ha chiesto scusa all'Italia. A quando le scuse italiane al popolo serbo?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus
Gli incidenti provocati da elementi che ostentano simbologie e slogan "ultranazionalisti serbi", sia a Belgrado lo scorso 10 ottobre (manifestazione contro il "gay pride" svoltosi in
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